mai un impedimento
Eravamo su un treno, ricordo il paesaggio correrci forte accanto e alternarsi senza sosta tra prati verdi e case di mattoncini rossicci. Ricordo che eravamo sul treno e parlavamo di tutto e di niente, di come i ricordi più solidi dei rapporti che ci hanno preceduto fossero legati prettamente alle sofferenze provate.
"Cosa ricorderai di me, allora?", me lo hai chiesto piano, con la tua solita curiosità un po' invadente, quel tipo di curiosità che impone il doversi scavare dentro per trovare le parole giuste a soddisfarla, io, che le parole giuste non le ho mai avute, per niente.
Cosa ricorderò di te? Mi chiedo. Quel giorno non sapevo rispondere e mi limitai a dire che ero troppo impegnata a viverti, per fermarmi a pensare a cosa avrei potuto portarmi dentro dopo. Cosa ricorderei di te, se domani andassi via, se per qualche ragione decidessimo di voltarci le spalle, di non affiancarci più, di esistere aldilà di noi. Quel giorno ti spiegai di come conservassi gelosamente tutte le lacrime che ho versato, ogni ragione che mi ha dilaniato, ogni attimo in cui ho creduto di non potercela fare. "Cosa ricorderesti di me?" allora, se non mi hai mai squarciato in due, se non hai mai lasciato che piangessi per te fino a sentirmi mancare i battiti, se non hai mai permesso che credessi anche solo per un secondo di non riuscire a rialzarmi.
Oggi ci penso e sorrido, come ogni giorno da quando ti conosco. Ci penso e realizzo che, di te, più che con chiunque altro, mi porto proprio questo. La tua capacità di toccarmi sempre senza ferirmi mai, di accarezzare piano tutte le ferite di cui non sono brava a parlare, di lasciarti scivolare le mie lacrime sul viso per poterne ridere un momento dopo. Ci penso e realizzo che, con te, più che con chiunque altro, riesco ad apprezzare ogni sfumatura del tempo trascorso insieme, ancora prima di rimpiangerlo. Allora non potrò mai prometterti la mia presenza e non potrò mai assicurarti di saper meritare la tua, ma comunque vada, di te mi porterò sempre il tuo modo silenzioso di farti spazio tra le mie giornate, il tuo saper essere sempre giusto, sempre attento, sempre pronto a condividere i tuoi pensieri con i miei, con le mie indecisioni, con le mie insicurezze. Di te mi porto costantemente, proprio accanto al cuore, la consapevolezza dei tuoi occhi lucidi quando mi guardi, delle tue mani grandi che mi sfiorano appena, del modo in cui cerchi di nascondere il tuo sorriso perché dici che non ti piacciono i tuoi denti e provi a coprirli con la lingua. Mi porto le nostre chiacchierate infinite, tutte le volte in cui non avrei voluto parlare e tu non smettevi mai, tutte le nostre passeggiate con le bolle ai piedi, la stanchezza addosso e la voglia, comunque, di vedere tutto. Di te mi porto la nostra incapacità di litigare, la mia razionalità cinica, la tua maturità nell'accettare gli angoli che non so smussare. Mi porto la consapevolezza della persona che sei e che non sai di essere, il desiderio che avrei di darti i miei occhi per farti guardare da fuori e poter capire quanto di bello possiedi, quanto di puro hai, quanto, nel tuo essere così essenziale, riesci a diventare un punto fermo nelle vite di chiunque ti circondi. Nella mia. Mi porto le nottate insonni, le sere ubriachissime in cui abbiamo finito per discutere per motivi che neanche ricordo e per scopare a terra dopo essere caduti dal letto, mi porto i limiti che mi hai aiutato ad abbattere, mi porto le scale fatiscenti del manicomio, fatte di corsa solo per poterci sentire al disopra del mondo giusto il tempo di una sigaretta, mi porto gli orgasmi, le lenzuola bagnate, l'ansia di spogliarmi in macchina, difronte alla notte, ad un peluche impiccato e agli animali strani.
Mi porto noi, ognuno dei nostri momenti, delle nostre risate, delle volte in cui abbiamo pianto l'uno sulla spalla dell'altro. Mi porto i cieli che non abbiamo mai visto, quelli che abbiamo visto di spalle, quelli che abbiamo scoperto sotto le coperte. E più di tutto, mi porto il nostro correre mano nella mano lungo strade sconosciute dove ci era piaciuto perderci, solo per aver intravisto da lontano una luce più bella delle altre. L'unica volta, forse, in cui il cielo non lo abbiamo guardato dal lato sbagliato di nessuna torre.
Di te mi porto per sempre il tramonto più bello che abbia mai visto, con il fiato corto e il cuore a mille, con te.